martedì 24 maggio 2011

ODETTE SWANN: LA CASA

Da quando la signora Swann aveva imparato, da un amico che venerava, il termine "paccottiglia" - che le aveva aperto orizzonti nuovi, in quanto designava precisamente gli oggetti che qualche anno prima le erano sembrati "chic" - tutti quegli oggetti avevano via via seguito nel loro ritiro il graticcio dorato che serviva da appoggio ai crisantemi, parecchie confettiere di Giroux e la carta da lettere con la corona (per non parlare dei luigi di cartapesta sparsi sui caminetti e che, già molto prima che lei conoscesse Swann, un uomo di gusto le aveva consigliato di sacrificare). Del resto, nel disordine artistico, nella confusione da atelier di quelle stanze dalle pareti ancora dipinte di colori scuri che le rendevano così diverse dai salotti candidi che la signora Swann ebbe un po' più tardi, l'Estremo oriente arretrava sempre più davanti all'invasione del Settecento; e i cuscini che la signora Swann, perchè avessi più "comfort", mi ammucchiava e sprimacciava dietro la schiena, erano disseminati di mazzolini stile Luigi XV, e non più, come una volta, di draghi cinesi. Nella stanza dove la si trovava più spesso e di cui diceva:"Sì, mi piace abbastanza, ci sto molto; non potrei vivere in mezzo a cose ostili e pacchiane; è qui che lavoro"(senza del resto precisare se lavorasse a un quadro, o forse a un libro, perchè il desiderio di scrivere cominciava a venire alle donne che volevano fare qualcosa, e non essere inutili), era circondata da oggetti di Saxe. Questo tipo di porcellana, di cui pronunciava il nome con un accento inglese, le piaceva tanto che di qualsiasi cosa diceva:"E' carino, somiglia a dei fiori di Saxe!"; temeva per loro, ancor più che in passato per le sue statuette e i suoi vasi cinesi, il tocco ignorante dei domestici, ai quali faceva espiare le ansie che le davano con scenate cui Swann, padrone di casa tanto garbato e dolce, assisteva senza esserne urtato.
Marcel Proust

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