mercoledì 16 novembre 2011

All'Hotel senza Saint-Loup, Marcel Proust

Quando posai i piedi per la prima volta su quei gradini, familiari prima ancor d'esser conosciuti, ne ricevetti quel risparmio di sforzo che ci concedono solo le cose di cui abbiamo lunga consuetudine, come se essi possedessero, depositata, forse incorporata in loro dai padroni di un tempo che ogni giorno accoglievano, la dolcezza anticipata di abitudini che non avevo ancora acquisito e che anzi avrebbero potuto solo indebolirsi qualora fossero divenute mie. Aprii una stanza, la doppia porta si richiuse dietro di me, le tende fecero entrare un silenzio sul quale mi sentii come una sorta di inebriante regalità; un camino di marmo decorato di rami cesellati,che a torto si sarebbe creduto saper rappresentare solo l'arte del Direttorio, mi offriva del fuoco, e una bassa poltroncina mi aiutò a scaldarmi così confortevolmente come se mi fossi seduto sul tappeto. Le pareti serravano la stanza, la separavano dal resto del mondo e, per lasciarvi entrare e racchiudervi ciò che la arredava, si scostavano davanti alla biblioteca, riservavano una rientranza per il letto ai cui due lati due colonne sostenevano lievemente il soffitto sopraelevato dell'alcova. E la stanza era prolungata nel senso della profondità da due salotti larghi quanto essa, di cui l'ultimo aveva, sospeso alla parete, per profumare il raccoglimento che vi si veniva a cercare, un voluttuoso rosario di semi di iris; le porte, se le lasciavo aperte mentre mi ritiravo in quell'ultimo recesso, non si accontentavano di triplicarlo, senza che esso cessasse di essere armonioso, nè si limitavano a far assaporare al mio sguardo il piacere dell'estensione dopo quello della concentrazione, ma al piacere della mia solitudine, che restava inviolabile pur cessando di essere imprigionata, aggiungevano anche il sentimento della libertà. Quello stambugio dava su una corte, bella solitaria che fui felice di avere per vicina quando, il mattino seguente, la scoprii, prigioniera tra le sue alte mura dove non si affacciava una sola finestra, e con due soli alberi ingialliti che bastavano a dare una dolcezza di malva al cielo puro.
Prima di andare a letto volli uscire dalla mia stanza per esplorare tutto il mio fatato dominio. Camminai seguendo una lunga galleria che in successione mi fece omaggio di tutto ciò che essa aveva da offrirmi se non avessi avuto sonno, una poltrona riposta in un angolo, una spinetta, su una mensola un vaso di maiolica blu pieno di cinerarie, e in una cornice antica il fantasma di una dama d'altri tempi coi capelli incipriati disseminati di fiori azzurri,e con un mazzo di garofani in mano.

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