mercoledì 30 gennaio 2013

Da "Illusioni perdute" di Balzac - Gli invitati alla festa di Madame de Bargeton.-seconda parte.

Monsieur de Saintot, di nome Astolphe, presidente della Società di Agricoltura, uomo dal colorito acceso, grande e grosso, comparve al rimorchio della moglie, sorta di figura simile a una felce disseccata, che chiamavano Lili, diminutivo di Elise. Questo nome, che presupponeva nella persona qualcosa di infantile, faceva a pugni con il carattere e i modi di madame de Saintot, donna solenne, di gran devozione, giocatrice difficile e litigiosa. Astolphe passava per uno studioso di prim'ordine. Ignorante come un somaro, aveva nondimeno curato le voci Zucchero e Acquavite per un dizionario di agricoltura, due scritti in cui aveva scopiazzato a man bassa tutti gli articoli di giornale e tutte le vecchie opere che trattavano di questi due prodotti. L'intero dipartimento lo riteneva attualmente impegnato in un'opera sulla coltura moderna. Benchè trascorresse tutte le mattinate rinchiuso nel suo studio, non aveva ancora scritto due pagine da dodici anni a questa parte. Se qualcuno andava a trovarlo, si faceva sorprendere intento a scarabocchiare fogli, cercare un'annotazione smarrita o aguzzare la penna; ma consumava in scempiaggini tutto il tempo in cui se ne stava nello studio: leggeva a lungo il giornale, scolpiva turaccioli con il temperino, tracciava fantasiosi disegni sul suo sottomano, sfogliava Cicerone per cogliervi al volo una frase o qualche brano il cui senso potesse applicarsi agli avvenimenti del giorno; poi, la sera, si industriava a guidare la conversazione su un argomento che gli permettesse di dire:"C'è in Cicerone una pagina che sembra sia stata scritta apposta per quello che accade al giorno d'oggi". E qui recitava il suo brano, con gran meraviglia degli ascoltatori, che si ripetevano l'un l'altro:"Astolphe è proprio un pozzo di scienza!" Quel fatto singolare veniva raccontato per tutta la città, e alimentava le sue lusinghiere convinzioni sul conto di monsieur de Saintot.




lunedì 28 gennaio 2013

Da "Illusioni perdute" di Balzac - Gli invitati alla festa di Madame de Bargeton.-prima parte.

In quel momento, incominciarono ad arrivare gli invitati. Per primi si presentarono il vescovo e il suo gran vicario, due figure entrambe dignitose e solenni, ma in violento contrasto tra loro: Sua Eccellenza era alto e magro, il suo accolito era piccolo e grasso. Avevano entrambi occhi brillanti, ma il vescovo era pallido e il gran vicario esibiva un volto imporporato dalla salute più prospera. L'uno e l'altro avevano gesti e movenze misurati. Sembravano entrambi prudenti, il loro riserbo e il loro silenzio intimidivano. Passavano per essere uomini di grande intelligenza.
Ai due preti seguirono madame de Chandour e il marito, personaggi straordinari che chi non conosce la provincia sarebbe tentato di credere pura fantasia. Il marito di Amélie, la donna che si poneva come antagonista di madame de Bargeton, si chiamava Stanislas: monsieur de Chandour era un ex giovanotto, ancora sottile a quarantacinque anni, con una faccia che pareva un crivello. La sua cravatta era sempre annodata in modo da presentare due punte minacciose, una all'altezza dell'orecchio destro e l'altra abbassata verso il nastrino rosso della croce d'onore. Le falde della giacca erano decisamente rivolte all'insù. Il panciotto molto aperto lasciava vedere una camicia rigonfia, inamidata, chiusa da spille sovraccariche d'oreficeria. Tutto il suo abbigliamento, insomma, aveva un tono tanto eccessivo da farlo rassomigliare a una caricatura, così che, nel vederlo, chi non lo conosceva non poteva trattenersi dal sorridere. Stanislas si guardava continuamente dalla testa ai piedi, controllando il numero dei bottoni del panciotto, seguendo le linee sinuose disegnate dai pantaloni aderenti, carezzandosi le gambe con uno sguardo che si fermava amorosamente sulla punta degli stivali. Quando smetteva di contemplarsi in quel modo, gli occhi gli correvano a uno specchio per esaminare se i capelli tenessero l'arricciatura; interrogava le donne con occhio beato infilandosi un dito nella tasca del panciotto, inarcandosi all'indietro e mettendosi di tre quarti, civetterie da galletto molto apprezzate nella società aristocratica della quale era il damerino. Quasi sempre i suoi discorsi erano farciti di licenziosità come se ne dicevano nel XVIII secolo. Questo detestabile tipo di conversazione gli procurava un certo successo con le donne, le faceva ridere. Monsieur du Chatelet incominciava a dargli qualche preoccupazione. Incuriosite dallo sdegnoso vanesio delle imposte indirette, stimolate dalla sua affettazione di ritenere impossibile farlo uscire dalla sua prostrazione, e punte nel vivo dalle sue arie di sultano disincantato, le donne infatti lo ricercavano con accanimento ancora maggiore di quando era arrivato, dopo che madame de Bargeton si era invaghita del Byron di Angouleme. Amélie era una donnina che recitava goffamente la sua parte, grassa, bianca, con i capelli neri, esagerava in tutto, parlava a voce alta, faceva la ruota con una testa carica di piume in estate e di fiori in inverno; buona parlatrice, non riusciva però a finire una frase senza accompagnarla con i sibili di un'asma incofessata.